Nascosti dalla folta vegetazione, che ricopre verdeggiante il massiccio del Matese, sono i resti di abitati ed aree sacre edificati dai Sanniti in siti d’altura, posizione favorevole allo sviluppo delle proprie comunità e al controllo delle terre di prossimità. Una presenza antropica capace di lasciare, di secolo in secolo, tracce di suggestiva monumentalità che raccontano il vissuto, il creato e la sacralità dei luoghi. Un complesso rapporto con l’elemento naturale dal quale l’uomo ha tratto risorse, innalzato difese e tracciato cammini mantenendo ferma nel tempo la non semplice convivenza con gli eventi ambientali avversi. Tra questi monti, a 953 metri di quota, a contatto visivo con la valle del Tammaro, sorge il centro fortificato (Terravecchia) espugnato dal console Lucio Papiro Cursore nel 293 a.C. durante la III guerra sannitica. Poco distante, a metà strada tra la Saepinum romana e la roccaforte sannitica, in località San Pietro dei Cantoni, è stato edificato il santuario italico dedicato a Mefite, dea delle sorgenti che sovrintende la sfera amorevole della maternità, propizia gli scambi, i riti di passaggio e mette in contatto gli dei eterei con la terra. L’acqua, che fluisce dalla terra o proviene dal cielo, diventa così l’elemento di unione tra l’uomo e il divino e con il suo scorrere continuo e irruento dona vita, rinnova i tempi e riveste di sacralità i cammini delle genti.